Sorgenti delle streghe: all'insegna dell'avventura con la strega Curadina passando le sorgenti sulfuree
L'Alto Adige è una terra ricca di miti e leggende, nate negli anni intorno a luoghi misteriosi e formazioni naturali insolite che la cultura popolare ha trasformato in posti fantastici, come le “panche“ sullo Sciliar, strane formazioni rocciose che la leggenda vuole sede dei sabba notturni delle streghe. Ma anche luoghi fortemente evocativi come gli “omini di pietra”, cumuli di rocce a guisa di uomini pietrificati, le rovine di Castelvetere, dove si respira un'atmosfera quasi magica, o le piramidi di terra, straordinari fenomeni geologici dal sapore soprannaturale.
Sorgenti delle streghe: all'insegna dell'avventura con la strega Curadina passando le sorgenti sulfuree
Suldenbach
Der Suldenbach der im Prader Ortsteil Schmelz das enge Gebirgstal verlässt und später in die Etsch mündet, setzt sich aus dem Trafoi- und Suldnerbach samt deren Nebengewässer zusammen und nennt sich nach dem größeren der beiden, Suldenbach. Dieser Wildbach, im wahrsten Sinne des Wortes, hat die Geschicke des Dorfes Prad und seiner Bewohner stets maßgeblich geprägt. Der Suldenbach, noch von unseren Vätern als der Teufel selbst genannt, war bis zu seiner endgültigen Verbauung im 19. und vor allem 20. Jahrhundert unberechenbar. In seiner Urgewalt, ständig laufwechselnd, hatte der verheerende Wildbach, als Vollstrecker seiner Wut, den Bauern in Prad-Agums wiederholt auf Jahre die Hoffnung und den Böden die Fruchtbarkeit geraubt, indem er eine Unmenge von Steinen, Geröll und Sand zurückließ. Der Grundherr bzw. die Gerichtsbarkeit gewährte in solchen Fällen zwar einen Steuernachlass, aber weder den Ernte-Verlust noch die Furcht vor neuen Schicksalsschlägen des Vinschgau weit größten Wildbaches konnten sie nicht ersetzen. Ungeachtet der Willkür dieser Naturgewalten, gab es mitunter auch solche von Menschhand selbst ausgelöste Katastrophen. Darunter fallen jene,
die durch das Holztriften aus den Wäldern des Trafoi- und Suldentals auf dem Suldenbach verursacht wurden. So berichtet uns eine “Kundschaftsurkunde“ vom 17. September 1517, dass zu „Unzeiten“ (unbeaufsichtigt) der Holzrechen auf „Beide Wasser“ (Gomagoi) brach. Dieser hatte die Aufgabe das „angewasserte Holz“ (ins Wasser betriebene Holzstämme) aufzuhalten. An die 2000 Baumstämme wurden auf einen Schlag fortgeschwemmt und erreichten schließlich Prad. Unter dem Dorf bei der „Tschengler prugkhen“ machte das Triftholz einen „Knopf“, der Bach wurde aufgestaut, der Runst eingesandet bis zu den hintersten Kalköfen in der „Schmelz“. Wasser und Holz traten über die Ufer, drangen in Haus und Feld und zerstörten alles was sich ihnen in den Weg stellte. Das Holzflößen, von Prad bewilligt vom Heilig-Kreuz-Tag (14. 9) bis St. Jörgen-Tag (24.4.), verursachte stets eine Lockerung des Bergfußes sowie des Bachbettes selbst und war damit neben den Holz-Kahlschlägen Mitauslöser so manchen Unheils. Während die Lichtensteiner von Tschenglsberg als Grundherren für je 1000 Prügel, die auf dem Bache getriftet wurden, ein Pfund Pfeffer Zinsabgabe einforderten, blieb die ohnehin notorisch arme Bevölkerung bei Instandsetzung und Wiederaufbau von Flur und Haus zumeist auf sich gestellt.
Einer effizienten Bachverbauung standen hingegen nicht nur die Gemeinden von Mals, Tartsch und Glurns als Waldbesitzer im Trafoi- und Suldental, abgeneigt gegenüber, sondern natürlich auch die Kalkofen-Betreiber von Prad. Musste ihr Schlägerholz doch auf dem Wasserweg nach Prad transportiert werden. So blieb es der Bevölkerung von Prad-Agums überlassen, den Wassern des Suldenbaches, zumindest in Dorf-Nähe Einhalt zu gebieten. Allein die konstruktiven Maßnahmen reichten zumeist nur vorübergehend aus, einem anschwellenden Bach hielten die primitiven Archen nicht Stand. Eine wirkungsvolle Verbauung konnte schließlich erst durch Errichtung von gemauerten Klausen und Uferschutzmauern unter Leitung des Tiroler Bauamtes zu Beginn des 20. Jahrhunderts erzielt werden. Letzte Baumaßnahmen am 1600 m lang regulierten Bachlauf fanden mit einem Kostenaufwand von 1,86 Mrd. Lire in den Jahren von 1986 bis inklusive 1990 statt.
Nel 1994 la sezione di Laces dei simpatizzanti dell'Imperatore Austro-Ungarico Francesco Giuseppe sostituì il vecchio busto con il busto di bronzo proveniente da Praga. Il monumento di marmo bianco di Lasa venne eretto nel 1908 e nel 1919 scomparve misteriosamente. Nel 1994 la sezione di Laces dei simpatizzanti dell'Impero Austro-Ungarico lo sostituì con un busto di bronzo proveniente da Praga. Il monumento ricorda il sessantesimo anno di regno del penultimo Imperatore dell'Impero Austro-Ungarico, Francesco Giuseppe I di Asburgo-Lorena.
Cuore del borgo commerciale medievale, caratteristica che ha conservato fino ad oggi con la sequenza senza soluzione di continuità di negozi, taluni tipici e tradizionali, altri moderni e raffinati. Le facciate sono un'allegra sequenza di tratti architettonici diversi: gli erker (sporti murali), le decorazioni a stucco, i colori pastello, il balcone di Palazzo Mercantile, i porticati che si alternano in varie altezze e con varie decorazioni. Particolarmente belli sono quelli del Vecchio Municipio, ora sede dell'Archivio Storico Comunale, costruiti a sesto acuto con belle decorazioni a fresco. Interessanti sono anche i vicoli che collegano alle vie parallele che mostrano i vari usi dei corpi abitativi (negozio, magazzino, cantina, androni, laboratori)
La vite Versoaln presso Castel Katzenzungen a Prissianoè la più grande e quasi certamente la più antica del mondo. Con oltre 360 anni alle spalle, la vite autoctona altoatesina si estende ai piedi del maniero per 300 m² su una tradizionale pergola di castagno. Secondo la leggenda la vite crescerebbe in quel luogo da 600 anni.
La zona di coltivazione principale di questa qualità fruttata e dai riflessi verdognoli, un tempo era la Val Venosta. I vini Versoaln presentano una struttura delicata con un’accentuata acidità.
Formazioni geologiche dell'ultima era glaciale Sono formazioni geologiche dell'ultima era glaciale. Il terreno argilloso di colore rosso si stacca franando al di sotto dei prati e dei boschi e si formano le piramidi di terra. Lo smottamento proviene dal rio Margherita, che scorre nella Val d'Adige verso Settequercie.
Ubicata in centro a Marlengo, la Tiroler Platzl è tra le iniziative più significative dell'intero Tirolo. In questa piazza fu inaugurato nel 2009, in occasione del bicentenario hoferiano, un monumento unico nel suo genere: quattro rocce provenienti dalle terre che configurano il Tirolo storico e una cartina che ne mostra il profilo, a testimonianza delle radici comuni delle quattro regioni.
Una dozzina di alberi giganti, alti fino a 40 m, ornano il piccolo altipiano di Fennhals. Gli alberi sono stati piantati nel 1898 in occasione del 50. giubileo dell'incoronazione dell'Imperatore austriaco Francesco Giuseppe.
La valle del rio Seres, nel villaggio degli alpinisti Lungiarü, è nota come "Valle dei Mulini" per la presenza lungo il suo corso di numerose macchine idrauliche. Nel tratto tra le due viles di Seres e Miscì, poste rispettivamente sulla sinistra e sulla destra orografica del rio, sono concentrati 8 mulini, 2 dei quali dotati di doppia ruota, ed una teleferica ad acqua.
Alla fine del parcheggio vicino al recinto di cervi si prende il sentiero n. 9 che porta nel bosco. Camminando lungo il ruscello a sinistra si passano dei piccoli ponticelli prima di salire attraverso le serpentine fino alle tre cascate. Seguendo il sentiero stretto si scende a valle. Chi non cuole affrontare i passaggi ripidi può anche scendere prendendo il sentiero di salita.
Porta il nome del poeta, giurista e sindaco di Bolzano nella seconda metà del XIX secolo. Essa corrisponde al fossato nord del primo borgo medievale i cui edifici del lato meridionale corrispondono al corpo di fabbrica di quelli settentrionali die Portici. L'inizio della via costituisce, specie in estate, un angolo di Bolzano molto suggestivo: sui banchi del pesce è allestito un originale bar all'aperto; negozi, decorazioni e locali creano un'atmosfera particolare e unica. La strada è attraversata da più archi che le conferiscono un carattere medievale. Il civico 25 corrisponde all'ingresso dell'Antico Municipio.
Das „Zoderer-Haus“ - Bp.103 – Silberstraße 55 + 57
Dieses Haus beschließt in der Silberstraße als letztes die lange Gebäude-Reihe ab der Kreuzung „Plattergasse“ Richtung „Gånderegg“ und beeindruckt durch seine vorherrschende Frontfassade an einer Wegegabelung im Prader Oberdorf. Der Baukörper aus dem 17. Jahrhundert mit tonnengewölbtem Hausgang und Stube mit Leistentäfelung, beherbergte in seiner wechselvollen Geschichte ebenfalls diverse Geschlechter. So zum Beispiel ab 1810 die Familie Joseph Zoderer - Schützenmeister. Aus ihr stammten: Martin Zoderer – Kurat in Arzl/Imst, Joseph Zoderer – Gde. Vorsteher zu Prad, Johann Zoderer – Lehrer, Anton Zoderer – Photograph, Georg Zoderer – Kapuziner und Alois Zoderer – Stadtpfarrer in Vils. Wobei sich die zwei Letzteren im Revolutionsjahr 1848 große Verdienste erworben haben und mit dem goldenen Verdienstkreuz bzw. Ritterkreuz des „Franz-Joseph-Ordens“ ausgezeichnet wurden. Die Feuer- und Futterbehausung, wie das Anwesen im Maria-Theresianischen Kataster von 1781 bezeichnet wird, war damals als zweigeteilter Besitz den „Englischen Frauen zu Meran“ Grundzins pflichtig und hatte demnach jährlich Roggen, Gerste und ein „Schnitthuhn“ zu reichen. Das Wirtschaftsgebäude, zusammen mit einem Obst- und Krautgarten, befand sich hier, im Gegensatz zu geschlossenen Anwesen, an der gegenüberliegenden Straßenseite. Als beim letzten Großbrand vom 20. auf den 21. September 1888, ausgehend von der Scheune des damaligen Sonnenwirtsgutes (heute Sprengelstützpunkt), 14 Häuser samt Wirtschaftsgebäuden eingeäschert und 42 Parteien obdachlos wurden, fand das Feuer hier an der Bauparzelle 103, seine letzte Nahrung. Nach einem aufopferungsvollen Wiederaufbau, gaben sich in der Folge wiederholt verschiedene Bewohner die Klinke in die Hand, bis schließlich Heinrich Gander den Besitz erwarb und damit den ständigen Wechsel ein Ende setzte. Mit 1. Juni 1981 stellte das Landesdenkmalamt das Gebäude unter Schutz und in den Jahren 1995/96 wurde es vom heutigen Besitzer Remo Gander einer mustergültigen Restaurierung und Innensanierung unterzogen.
Sul sentiero tematico “Bosco delle Api” è possibile immergersi nel misterioso mondo delle api.
Il percorso, lungo circa 2 chilometri, vi porterà attraverso prati e boschi a diversi luoghi energetici con stazioni e tabelloni, fino alla casa dell'apicoltore con favi e arnie in esposizione - questi sono visibili da metà maggio a fine settembre.
In queste stazioni si apprendono fatti interessanti sulla vita nell'alveare, sull'importanza delle api per il nostro ecosistema e sulle sfide che questi piccoli e laboriosi insetti devono affrontare oggi. Per bambini e adulti, il percorso offre un'esperienza educativa e sensoriale: ascoltare il ronzio delle api, vedere le loro traiettorie di volo e percepire quanto sia importante il loro lavoro per il nostro ambiente.
Non si tratta solo di api mellifere: i visitatori possono anche conoscere la vita emozionante e molto diversa delle api selvatiche.
Presso la casa dell'apicoltore, tutti hanno poi l'opportunità di osservare da vicino il viavai dell'alveare.
Informazioni pratiche:
Immergetevi nel mondo delle api e scoprite i segreti di questi piccoli supereroi: venite a vedere voi stessi quanto sia affascinante e prezioso il loro lavoro.
Ecco una breve presentazione:Il tratto ferroviario Verona-Bolzano viene ultimato attorno alla metà del XIX secolo; la stazione ferroviaria risale al 1928 ed è opera di Angelo Mazzoni con diverse sculture allegoriche (elettricità, vapore, fiumi), opere di Franz Ehrenhöfer. la Fontana delle Rane, situata di fronte, viene rifatta secondo l'originale del 1930, distrutto dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale.
Chi passeggia oggi per Merano percepisce ovunque le tracce della sua lunga tradizione termale. Uno degli edifici emblematici in questo senso è il primo complesso termale di Merano, il "Kurmittelhaus", cuore storico della cultura del benessere cittadino: qui, medicina, salute e stile di vita elegante si sono intrecciati fin dall’inizio del Novecento.
Già alla fine del XIX secolo, Merano era una rinomata città termale, località di cura, apprezzata per il suo clima mite, l’aria pura e i trattamenti salutari. Ma fu con la costruzione del centro termale nel 1906 che la città consolidò il proprio ruolo di spicco tra le strutture analoghe dell’Europa centrale. L’intento era ambizioso: offrire trattamenti all’avanguardia in un contesto di raffinata eleganza, dove il soggiorno curativo fosse anche esperienza estetica e sociale.
Progettato dall’architetto Max Langheinrich, l’edificio colpisce per la sua costruzione a tre piani, sovrastata da una cupola. L’ingresso è preceduto da un elegante porticato colonnato semicircolare, mentre al piano nobile si accede attraverso una scalinata marmorea dai raffinati decori niellati; dal soffitto pende un imponente lampadario ligneo con statue a figura intera dai caratteristici costumi tradizionali tirolesi. Già allora, la struttura simboleggiava l’alleanza tra scienza e arte di vivere. Al suo interno trovavano spazio moderni bagni terapeutici, sale per inalazioni, impianti di fototerapia e persino un innovativo sistema di riscaldamento elettrico, in un’epoca in cui l’elettricità era ancora una novità assoluta.
Curiosità
I primi trattamenti proposti si basavano sul celebre programma di cure a base di succo d’uva di Merano, molto in voga tra i frequentatori internazionali dell’élite.
Il "Kurmittelhaus" offriva cure per patologie respiratorie, disturbi circolatori e nervosi, nonché cure idropiniche con acque minerali provenienti da sorgenti locali, ideali per chi cercava una terapia dolce ma efficace.
Oltre che terapeutico, il centro era anche un luogo di socialità: la mattina ci si dedicava alle cure, il pomeriggio si passeggiava sul Lungo Passirio o si assisteva a un concerto nella sala interna. Merano divenne così sinonimo di raffinatezza, benessere e vita culturale.
Una visita a Merano non può dirsi completa senza un passaggio davanti al centro termale. Senza bisogno di parole, l’edificio racconta la storia di una piccola città che seppe conquistare l’Europa con la forza della natura, la qualità delle cure e una visione lungimirante del benessere.
La chiesetta delle tre Fontane Sante di Trafoi, ai piedi dell'Ortles, racconta una storia particolare: nel XIII secolo, il pastore Moritz nel punto in cui oggi sorge la cappella, vide tre rigagnoli che sgorgavano dalla roccia. Ognuno di essi portava con sé una croce e il pastore riuscì a prenderne due. La terza sparì nel flusso dell'acqua. Nel XV secolo fu edificata la chiesetta, che da allora è stato un luogo di pellegrinaggio mariano. Ancora oggi alle Fontane Sante si attribuiscono poteri guaritori.
L’albero si trova sul Salto di Malgorer.
È il piú vecchio larice del Salto ma l’età esatta non può essere definita.
Forma a candelabro dei piú forti rami inferiore. La chioma ha potuto svilupparsi liberamente in assenza di concorrenza.
Il larice é indicato come particolaritá estetica nel mezzo del grande bosco di larici del Salto.
Il meraviglioso passato di questo albero ha subito un danno irreparabile dalle masse di neve durante l’inverno di 2008/2009, numerosi rami sono stati spinti verso il basso.
Altezza dell‘albero: 24m
Diametro: 2,03m
Circonferenza: 6,40m
Località: Montoppio
Altezza s.l.m.: 1435 m
I cosiddetti "omini di pietra" (in tedesco "Stoanerne Mandln") sono una meta molto ambita dagli escursionisti. Tali manufatti disposti su una malga a oltre 2000 metri di quota sono rivolti verso le Alpi Sarentine.
Tali costruzioni sono presenti anche in altri luoghi della regione e si pensa siano servite per orientarsi. Ma nel caso degli omini di pietra di Sarentino si tratta di piramidi di pietre con caratteristiche risalenti alla preistoria, sono state qui ritrovate, infatti, pietre focaie del neolitico e incisioni rupestri altrettanto antiche. Tutti questi elementi confermano come questo fosse stato un punto di passaggio montano usato da migliaia di anni.
Mitologia e culto delle streghe
Questo è un luogo avvolto nella leggenda. Nei secoli scorsi gli uomini credevano che qui le streghe s’incontrassero con il diavolo con il quale festeggiavano il sabba. Sempre da qui le streghe influenzavano il tempo e mandavano a valle terribili temporali.
Consiglio: Escursioni all'alba e tramonto.
(201 dopo Cristo) L'11 aprile 1958, nell'ambito dei lavori di costruzione della centrale elettrica della Goste, a una profondità di circa 8 m fu scoperta una pietra miliare romana. In un vero e proprio "momento di grazia" i fratelli Reinhold e Richard Prugger riconobbero il valore storico di questo monumento, impedendo così che la pietra fosse raccolta dalla pala dell'escavatore e depositata per altri mille anni o più nella scarpata del nuovo bacino artificiale Il monumento in pietra granitica, alto 2,33 m (con uno zoccolo di 90 cm) e dal diametro di 39 – 42 cm, è in buono stato di conservazione. Ben conservata è anche l’iscrizione riportata sulla pietra miliare, in cui si legge che l'Imperatore Settimio Severo (193-211) e i suoi figli Caracalla e Geta fecero ripristinare dal governatore del Norico le pietre miliari rovinatesi nel corso del tempo. La costruzione di questa pietra miliare risale al 201. Come tutte le pietre miliari situate in Val Pusteria, anche questa riporta la distanza in miglia (45, ossia 67,5 km) da Agunt, situata vicino a Lienz. La pietra miliare romana e un monolito ritrovati nella Goste sono oggi collocati in località Seefeld a Valdaora di Sopra. Una ripoduzione esatta è stata piazzata al luogo di ritrovamento, vicino all'Albergo Alte Goste.
Nel cuore verde di Merano, tra le palme e le rive del Passirio, si erge su un piedistallo una figura di marmo di straordinaria grazia: la statua dell’imperatrice Elisabetta d’Austria, affettuosamente chiamata “Sissi”. Pochi personaggi storici hanno segnato Merano quanto lei. Senza Sissi, la città non sarebbe forse mai diventata la raffinata località di cura che ancora oggi incanta visitatori da tutto il mondo.
Quando nel 1870 Elisabetta giunse per la prima volta a Merano per un soggiorno di cura, trovò una cittadina tranquilla, ancora agli inizi della sua ascesa. Celebre per la sua bellezza, per la passione per i viaggi e per l’amore verso la natura, l’imperatrice cercava un clima mite e un’aria salubre per la sua salute delicata e trovò in Merano il luogo ideale. I suoi soggiorni fecero rapidamente notizia: dove soggiornava Sissi, accorrevano anche i membri dell’aristocrazia e dell’alta borghesia europea. In breve tempo, la città vide nascere alberghi eleganti, stabilimenti termali, teatri e caffè, trasformandosi in un fiorente centro culturale ed economico.
Il Parco Elisabetta venne realizzato nel 1903 in omaggio all’imperatrice: un angolo idilliaco sulle rive del Passirio, che conserva intatto il suo fascino romantico. Fra aiuole curate e alberi maestosi, si trova la statua scolpita da Hermann Klotz, che ritrae Sissi in una posa elegante, con un velo leggero e un portamento nobile. L’atmosfera che la circonda evoca ancora oggi un’eco del fasto imperiale. La statua di Sissi a Merano è una delle poche rappresentazioni che non ne idealizzano l’aspetto. Al posto della solita posa solenne e distante, qui l’imperatrice appare pensierosa, quasi fragile: un’immagine che, forse, si avvicina di più al suo autentico carattere.
Curiosità
Hermann Klotz ha concepito la statua affinché lo sguardo di Sissi si posi sulle montagne, in omaggio al suo profondo amore per la natura e per le Alpi.
Oggi, il Parco Elisabetta è non solo un luogo di memoria storica, ma anche un rifugio ideale per rilassarsi: che si scelga una panchina all’ombra degli alberi secolari o si opti per una camminata lungo la passeggiata, ovunque si è accompagnati dal dolce mormorio del Passirio e da un senso di quieta eleganza. In primavera, con la fioritura di magnolie e camelie, il parco diventa uno dei luoghi più amati da residenti e turisti.
Passeggiare qui è un po’ come compiere un viaggio nel tempo: l’eleganza della Belle Époqueincontra la rilassata arte di vivere dell’Alto Adige. Chi visita Merano non dovrebbe mancare una sosta alla statua di Sissi e magari lasciarsi toccare da quella stessa ispirazione che un tempo conquistò l’imperatrice.
Come un nido d'aquila i fragili resti delle mura della rovina Greifenstein - anche chiamato Castel del Porco - abbracciano la rosseggiante roccia di porfiria. Documentata per la prima volta nel 1159 e distrutta più volte a causa di incendi o battaglie, successivamente ricostruite. Secondo una leggenda famosa le rovine ricevettero un secondo nome: Castel del Porco.
Le rovine sono raggiungibili facilmente da Cologna a San Genesio: parcheggiate davanti al ristorante Noafer e camminate per 15 miunuti verso le rovine.
La leggenda del Castel del Porco
Tanto tempo fa il principe Federico “dalla tasca vuota”, assediava con il suo esercito il castello Greifenstein.
Lui arrivò fino alla porta del castello, però questa era protetta molto bene e gli abitanti difendevano il castello Greifenstein con tutti i mezzi.
Il principe non poteva conquistare il castello. Allora rifletté sul da farsi. Egli decise di prendere per fame gli abitanti del castello. E così successe. Nessuno poteva lasciare la fortezza per la paura di essere ucciso. L’assedio durava da parecchie settimane e i viveri nel castello stavano per finire.
Il principe di Greifenstein decise allora di buttare il suo ultimo maiale dalle mura del castello all’accampamento dei suoi nemici. Egli sperava di far credere ai cavalieri nemici che ci fossero scorte di viveri in abbondanza.Quando i paggi e il castellano apparvero sulla mura del castello, Federico “dalla tasca vuota” credette che loro gli volessero consegnare il castello.
Però che cosa successe?
Gli abitanti gettarono il loro ultimo maiale nell’accampamento nemico. Di conseguenza il principe Federico credette che i Greifensteiner avessero ancora molti viveri e diede ai suoi cavalieri l’ordine di andarsene.
Grazie a questa furbizia il castello e i suoi abitanti furono salvi.
Da quel giorno il castello Greifenstein viene anche chiamato “castel del porco.”
Qui troverete uno splendido panorama e un po 'ambiente tranquillo, impegnato. Intorno al lago porta anche un piccolo sentiero. Il percorso è molto semplice e prevalentemente pianeggiante o con un leggero salita e discesa. Per arrivare a questo luogo idilliaco è necessario seguire la strada n.9. Solo i membri dell'associazione dei pescatori locali possono pescare lì.
Tra le località di villeggiatura, su un colle di porfido ubicato in posizione strategica, si innalza Castelfeder, noto anche come Castelvetere. Castelfeder, una cupola spaziosa a struttura multipla, ha ospitato, nel corso dei secoli, un insediamento preistorico, romano e dell'Alto Medioevo. Castelfeder è tradizionalmente un luogo d'energia e di culto e, soprattutto in primavera, una popolare meta per piacevoli gite. Della struttura originaria di Castelfeder si sono conservati fino a oggi soprattutto tratti del muro di cinta con le famose "Kuchelen", in origine pensate come mura di difesa, e parti della cappella di Santa Barbara, la cui origine è databile al VI secolo circa. Inoltre, la soleggiata collina di Castelfeder è ricoperta da un'interessante vegetazione con querce secolari e un biotopo. Chi visita la collina di Castelfeder non deve perdere una sua particolarità: lo scivolo della fertilità, uno scivolo di porfido ripido e liscio, considerato il fulcro di un antico culto, su cui le donne desiderose di procreare scivolavano a pancia in giù.