Tra Caldaro e il suo lago si estende una zona vinicola punteggiata di belle tenute, tra cui spicca la tenuta Manincor con la sua dimora rinascimentale. La nuova cantina, per cui era prevista una volumetria di 30.000 metri cubi, avrebbe alterato in modo evidente questo paesaggio agricolo ed è stata pertanto completamente interrata. Sopra la linea di terra emerge soltanto il padiglione di vendita in legno, che integra il complesso di edifici esistenti. La presenza della cantina è percepibile solo dai passi carrai e dall’“oculo” vetrato del locale di degustazione, dal quale si scorgono in alto le rovine di Castelchiaro. Le file ordinate dei vigneti nascondono completamente il complesso sotterraneo, costituito da una struttura in calcestruzzo a vista con elementi in acciaio corten inserita nel terreno tra pareti di cemento a spruzzo. La terra con la sua funzione termoregolatrice crea un microclima costante e ha permesso di realizzare un’architettura sostenibile che risponde a criteri biodinamici di coltivazione e lavorazione delle uve.
Non sono l’architetto delle “idee elettrizzanti”, che in genere portano soltanto a un irrigidimento formalistico e ostacolano l’evolversi nel tempo delle funzioni. Questo non vuol dire che non abbia a cuore gli aspetti creativi dell’architettura, ma cerco di svilupparli il più possibile attraverso un processo graduale che parte dal genius loci.